Riflessioni di un vignaiolo, parte 6°

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Lasciami “vivo” non mi “spogliare”!!!

Perché in cantina si ricorre alla filtrazione? La filtrazione è un bene o un male necessario?
Questi gli interrogativi che pongo alla vostra attenzione aprendo un dibattito tra chiunque abbia voglia di esprimere la propria opinione:

Per l’industria la filtrazione “sterilizzante” eseguita prima dell’imbottigliamento del vino è indispensabile per il mantenimento della “qualità” nel tempo. I metodi utilizzati sono tra i più disparati; per passaggio, tramite membrane in acciaio o filtri a cartone, per assorbimento (con filtri a polveri di roccia o silicati) o per decantazione (con bentonite, albumina o altri materiali). Nell’industria esiste la tendenza ad aggiungere diverse sostanze per trattare il vino poco prima dell’imbottigliamento. Accanto all’acido metatartarico sono utilizzate cellulose carbossimetiliche come stabilizzanti. Anche le mannoproteine e la gomma arabica sono aggiunte al vino prima della filtrazione finale, con quali effetti? Lavorando con questi sistemi si ottiene un prodotto povero di microrganismi, sterile, in altre parole arrivando a produrre vini con meno di dieci microrganismi per litro.
Mi è evidente quanto i parametri concernenti la “qualità” siano differenti rispetto ai miei, giacché produco vino non filtrato, vino che appare vivo e di discreta qualità.
Dal mio punto di vista filtrare è un po’ come togliere l’anima al nostro vino voi che ne pensate?

Stefano Legnani – Liguria


5 risposte a “Riflessioni di un vignaiolo, parte 6°

  1. Sono un micro-apprendista vignaiolo, ancora garagista, con alle spalle una laurea in enologia.
    Posso dirti che per produrre vino accetto solo tre ingredienti:
    1) uva (sana, matura e proveniente da agricoltura biologica, biodinamica o sinergica)
    2) lieviti (possibilmente autoctoni)
    3) SO2 ( per chi vuole, usarne poca, pochissima…o durante i travasi o prima dell’imbottigliamento)

    Tutto il resto per me non esiste e se fosse per me non esisterebbe, per legge, come coadiuvante enologico.
    Sono favorevole alla chiarifica solo se effettuata mediante l’uso del freddo (sia da termoregolazione che dell’ambiente esterno) e del tempo.
    Sono contrario alla filtrazione ed alla stabilizzazione, che snaturano il vino facendo precipitare troppe sostanze assieme ai microorganismi.

  2. certo Riccardo, è un pò quello che pensiamo anche noi! C’è però una buona parte di enologi che crede ancora nella filtrazione come pratica necessaria per mantenere una certa eleganza e finezza nei vini, togliendo quindi le parti grossolane.
    Non dimentichiamo poi che un vino non filtrato è più soggetto a ossidazioni o riduzioni, proprio perchè ha presente in sè più materiale ossidabile. Per questo magari può essere difficile da commercializzare (soprattutto i bianchi torbidi, troppo carichi di colore… ) . Per fortuna la mentalità della gente stà cambiando e c’è un’apertura sempre più positiva!

  3. Il discorso sull’ossidazione/riduzione e quindi sulla conseguente possibilità distributiva del vino è verissimo, in effetti.
    Però credo che la scelta o meno di filtrare sia per lo più una questione di “filosofia produttiva”.
    Io, dall’alto della mia ignoranza, preferisco non farlo e con questo mi assumo ovviamente tutti i rischi del caso quando vado ad imbottigliare.
    🙂

  4. Le cartucce di microfiltrazione vengono usate nella filtrazione dei vini durante l’imbottigliamento in quanto hanno una bassa porosità, si possono sterilizzare con l’utilizzo del vapore e la membrana interna non altera le caratteristiche del vino.

  5. quindi significherebbe che il vino prima della filtrazione è esattamente uguale al vino dopo la filtrazione? Nonostante sia un metodo nettamente meno invasivo, crediamo che comunque sia, togliendo qualcosa al vino si và a cambiarne le caratteristiche. Bisognerebbe anche capire il tipo di evoluzione che quello stesso vino (filtrato e non filtrato) ha negli anni. Sarebbe interessante.

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