E’ una mattina uggiosa di fine febbraio del 2020 e insieme ad altri produttori di vini naturali sono a Genova, in occasione dell’evento fieristico biennale dell’associazione VinNatur. Ieri sera un’ordinanza comunale ha vietato l’apertura del secondo e ultimo giorno del salone, per “allerta Coronavirus”. Il Coronavirus ci sembrava un virus che riguardava solo la Cina, ascoltiamo i Tg, leggiamo sugli smart-phone, ma in questo momento registriamo soltanto il colpo durissimo del divieto. L’investimento per una fiera è sempre importante, e poi VinNatur conta ormai 200 aziende provenienti da nove paesi europei. Io, intanto, ho un appuntamento che non è stato disdetto. Dopo aver intervistato nel 2014 per Bibenda il presidente del VinNatur Angiolino Maule, da tempo desideravo incontralo di nuovo, per un’intervista più immediata e intima. Ci vediamo nella sala colazioni del Best Western Hotel, Angiolino sta commentando la masterclass di rifermentati del giorno prima, parla di come certi difetti annichiliscano il vino e di come altri, al contrario, in modo stupefacente, possano esaltarlo; noto che alcuni produttori drizzano subito le orecchie, altri invece stanno cercando di cambiare i biglietti per il rientro e si stanno chiedendo se non concedersi una vacanza in città – non sono ancora i tempi delle mascherine e della paura, che stanno per arrivare. Dopo il caffè, ci spostiamo nella reception dell’hotel, che guarda la parte vecchia del porto, ci seguono alcuni collaboratori dell’associazione e in un attimo ci trovano il punto ideale dove parlare indisturbati.
Una domanda di riscaldamento: che tipo di ragazzo sei stato?
Diligente. Ho sempre sentito l’urgenza di guadagnarmi la fiducia e l’amore dei miei genitori. Avevo un solo fratello molto diverso da me, lui tutto casa e chiesa, io un monello. Non ero un fanatico dello sport ma della musica, e ho iniziato a studiare il sassofono a 12 anni. Suono ancora oggi.
E ci riesci con i tuoi impegni?
Per il sassofono, il tempo me lo prendo.
Tu sei uno dei pionieri del vino naturale in Italia e hai riconosciuto un solo maestro, Josko Gravner. Come è andata?
Ho iniziato a fare vino a 35 anni, venendo da un altro mestiere. Erano gli anni Novanta, stavo per aprire un’altra pizzeria perché la prima andava molto bene, ma ero curioso rispetto al vino. Attorno a me c’erano produttori di vino importanti, ma conoscendoli ebbi una grande delusione. Credevo che il vino fosse un frutto della terra elaborato dalla cultura degli uomini, invece scoprii che era un prodotto digitale composto con una serie di additivi. Poi un giorno, entrai in un’enoteca e assaggiai un vino che cambiò tutto, un vino di Josko. Dopo una settimana ero già a casa sua e in breve diventammo molto amici. Lui è stato come un faro in fondo a un tunnel. Attorno a lui si creò un piccolo gruppo di amici; quando ci riunivamo il più ‘figo’ era quello che riusciva a portare a tavola un vino ‘senza’: senza lieviti, senza nutrimento dei lieviti, senza batteri lattici. Fu giusto la solforosa che non riuscimmo a togliere per molto tempo, poi riuscimmo a raggiungere le conoscenze necessarie a infrangere quella barriera. Ad ogni modo andò così, nacque una competizione positiva tra tutti noi per arrivare a un vino senza nulla oltre all’uva.
Sbaglio o questo modo di fare lo hai ricreato in VinNatur, dove ci sono continuamente tavoli di produttori che si confrontano?
In VinNatur porto da sempre tutti i problemi e le domande che mi pongo come imprenditore della mia azienda vitivinicola. Con i proventi delle fiere, come è noto, finanziamo ricerche scientifiche che in molti casi puntano a risolvere i problemi che incontriamo tutti noi vignaioli.
Il fare ricerca mi sembra una caratteristica attualmente unica di questa associazione di produttori.
Assolutamente, ed è anche una costante. Anche quando un associato di una zona qualsiasi, in Sicilia o Campania pone un problema, si vede subito se si può risolvere; oppure si va lì da lui per capire meglio che strada intraprendere per una soluzione. E si va con la persona più adatta: enologo, biologo o agronomo. Questo perché VinNatur è riuscita a coinvolgere vari campi del sapere scientifico nella produzione del vino, dalla biologia molecolare, all’entomologia, alla botanica, alla fisiologia vegetale. Non più solo l’enologo e l’agronomo, ma altre figure sempre più appropriate per chi produce vini naturali, in terreni vitali.
Tornando alla tua azienda, quali sono stati i punti di forza imprescindibili de La Biancara?
Andando indietro con la memoria, non c’è nulla che come imprenditore rifarei diversamente. Imprescindibile è stata un’idea fissa: l’innamoramento per il mio terreno. Un terreno tipico del Veneto, vulcanico, dove da sempre si faceva quantità, mentre io ero convinto che si potesse fare qualità. E anche se immagino che qualsiasi produttore che ami davvero la terra che coltiva pensi lo stesso, i primi tempi non è stato semplice, tanti colleghi di allora (di vini convenzionali) arrivarono anche a dirmi frasi come: “Vergognati con questa Garganega che fai!”. Ma più mi bastonavano, più mi rafforzavano.
E in questa storia tua moglie Rosa che ruolo ha avuto?
Un perno! Rosa ha saputo lasciarmi sbagliare. Cosa ti immagini possa accadere se vai da tua moglie e le dici: “Dobbiamo buttare 150 ettolitri di vino che non va”? Normalmente almeno una sgridata! Invece lei non lo ha mai fatto.
Anche i tuoi figli, nel tempo, sono stati coinvolti in ruoli diversi nell’azienda... Alessandro e Tommaso lavorano in vigna con te, Francesco gestisce la distribuzione di vini naturali Arké, e Giacomo ha ora una sua produzione di birre artigianali …
Mi fa molto piacere che sia andata così, che stiano con noi a La Biancara. Sono molto diversi tra loro (anche nei difetti), ma hanno in comune una caratteristica, la bontà.
VinNatur nasce nel 2006, con te presidente. E ogni anno arrivano sempre nuovi produttori da varie parti nel mondo.
Sì è così, però alcuni vanno anche via. Questo perché l’imprenditore che si sente arrivato spesso ne esce dopo due o tre anni, quelli che al contrario vogliono crescere, che non sono mai soddisfatti della qualità restano, e diventano un nucleo fisso. Dei produttori con i quali, agli inizi, si partì, ne sono rimasti il 30%. E’ una associazione che dà molto, ma anche che pretende molto. Siamo i soli, e ormai da 13 anni, a fare analisi dei vini degli associati sui pesticidi. E poi, oltre a questo, abbiamo creato una sorta di disciplinare, un orientamento per tutti gli iscritti. E’ una base in più per un piano controlli che possa dare garanzie al consumatore finale. Chi beve vino non può più essere preso in giro da chi dice che fa vini naturali e non li fa o da chi li fa convenzionali sottraendo qualcosa e aggiungendo però qualcos’altro, è ora di smetterla.
A questo punto però vorrei chiederti una confidenza, che comunque sarà pubblicata. Non trovi difficile, essendo tu un imprenditore, fare da presidente da così tanto tempo?
Per me è come un hobby! Nel senso che come per un hobby non calcoli mai i costi, né i tempi. L’ho creata io VinNatur, a un certo punto dovrò pure mollare, ma intanto, nel corso del tempo, essendo io malato di conoscenza, di imparare, e desideroso di esserlo per sempre, ho potuto concentrarmi su questo aspetto e seguo direttamente la parte di lavoro relativa alle ricerche scientifiche, mentre gli altri membri del consiglio seguono le fiere, la logistica, la comunicazione, non sono solo.
Seconda confidenza: qual è il vino naturale che piace ad Angiolino Maule?
Non esiste! Come produttore, ogni volta che raggiungo ciò che sogno, magari un vino naturale minerale fruttato strutturato, appena arrivo a berlo, alzo di nuovo l’asticella. E’ la storia dell’evoluzione, capisci? Quando alle prime fiere ricevevo dei complimenti, tornavo a casa con l’idea che dovevo fare ancora di più, per meritarli. Ti racconto una storia: A sedici anni ero con un gruppo di amici e con i motorini eravamo soliti spostarci da un paese all’altro per raggiungere i posti frequentati dai nostri coetanei; arrivammo in uno di questi paesi e sentii un gruppo di ragazzi, vicino a noi, che parlava di un sassofonista fortissimo. Ero io, ma non mi presentai, tornai a casa a esercitarmi al sassofono per ore. E faccio così oggi.
Un gioco, in chiusura: mi diresti dieci verbi all’infinito che rappresentano il tuo modo di intendere lavoro e vita?
No, no, non voglio!
Poi Angiolino si guarda attorno, c’è Erica Portinari moglie di Francesco Maule e socia nel progetto Arké; c’è Federico Manfrin, amico di Angiolino e fotografo del VinNatur. Spronano scherzosamente Angiolino e poi si mettono insieme a buttar giù una lista che mi consegnano:
MIGLIORARE, CRESCERE, COSTRUIRE, COMBATTERE, SUONARE, NUOTARE, SOGNARE, ORGANIZZARE, CONFRONTARE/RSI, AMARE.
Lorella Reale è proprietaria con Piero Riccardi dell’azienda Riccardi Reale, socia VinNatur. E’ autrice di libri e articoli sul cinema, la letteratura, il femminismo. Nel 2020 ha pubblicato “Sorsi letterari. Vin naturale come utopia” Altravista Editore.
Sempre un riferimento
Io sono un operaio ora in pensione con 1300 euro. Probabilmente non comprerò mai i vini di Angiolino MAULE perché, hanno un costo che oltrepassa le mie possibilità economiche.
Però, leggendo l’intervista ed intravedendo tutto l’Amore che ci mette nel produrre i suoi vini di Qualità, ho pianto. Grazie per il suo coraggio e perseveranza.