Fermentazioni spontanee. Iniziamo a conoscerle!

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Partiamo dal presupposto che capire in pieno cosa avvenga all’interno delle fermentazioni spontanee dei mosti è cosa impossibile! Entrano in gioco numerose varianti, ad iniziare dalle diverse forme di vita che cambiano a seconda del luogo, dell’annata e della tipologia di uva. Conoscerle meglio può aiutarci a capire quanto siano importanti per avere un vino unico, complesso ed irripetibile!

Per questo a scopo puramente sperimentale sono state fatte prove comparative con lieviti commerciali e con singoli ceppi isolati a partire dall’uva. (QUI ve ne avevamo già parlato)
I primi risultati organolettici e analitici hanno confermato quanto già credevamo, ma hanno anche messo in evidenza altri aspetti; ad esempio che a livello gustativo non sempre le fermentazioni spontanee danno i risultati migliori.

Le 5 prove sono state sviluppate in bottiglie da 0,75 lit. all’interno del laboratorio del Centro Sperimentale Vitivinicoltura di Verona. I campioni provenienti dalle aziende Monte dall’Ora (Valpolicella), Foradori (Trentino), Costadilà (Prosecco), Piccinin Daniele (Monti Lessini) e La Biancara (Gambellara) sono stati prelevati il primo giorno di vendemmia su contenitore sterile, per evitare contaminazioni di cantina. Su ogni prova sono state confrontate 8 vinificazioni a partire dallo stesso mosto, con lieviti diversi e senza l’utilizzo di anidride solforosa.

La media delle valutazioni organolettiche (effettuate rigorosamente alla ceca) ha dimostrato che in 2 casi i vini ottenuti da fermentazione spontanea hanno dato un giudizio “accettabile”, su una media di 4 punteggi (molto buono, buono, accettabile, sgradevole), mentre nelle rimanenti 3 prove il giudizio è stato “molto buono”. Lasciando i vini nel bicchiere per qualche minuto però si è notato un netto miglioramento dei 2 campioni meno convincenti, a dimostrazione del fatto che in alcuni casi si ha la necessità di un tempo più lungo per l’espressione dei profumi.

fase conclusiva di una degustazione

A livello analitico si è notato un andamento più lento nel processo fermentativo (media di 24 giorni), una produzione di etanolo lievemente inferiore e parametri nella media (acidità volatile, acidità totale ecc.). Le differenze dunque sono state poco rilevanti, rispetto agli altri campioni in esame.

Con questi dati vogliamo dimostrare come le fermentazioni spontanee siano essenziali per ottenere un risultato unico, per questo si deve imparare a gestirle nel modo più corretto, prestando attenzione a molti piccoli fattori, ad iniziare dalle temperature e dal monitoraggio della moltiplicazione dei lieviti all’interno del mosto. Questo tipo di ricerca ci permette di stabilire un rapporto più stretto con il nostro prodotto, per avere un maggior rispetto di esso e di tutte le forme di vita al suo interno.


6 risposte a “Fermentazioni spontanee. Iniziamo a conoscerle!

  1. Sono molto interessato ai piccoli fattori che vanno tenuti sotto controllo durante la fermentazione. Premesso che sono un vinificatore con metodi tradizionali e molto artigianali, mi piacerebbe approfondire. Ad esempio quali sono le temperature ottimali durante la fermentazione, quali sono gli altri fattori da controllare e come si possono monitorare. Grazie

  2. Sono un solo un appassionato, ma ritengo che la fermentazione spontanea sia un ulterire apporto alla specificita’ e all’originalita’ di ogni territorio, un caro saluto.

  3. Molto interessante. Anche se di norma quando si fa un esperimento non si “vuole” dimostrare qualcosa per forza ma capire cosa succede, ed eventualmente verificare se le idee che ci siamo fatti sono valide oppure no. Accettare solo i risultati che ci piacciono non è molto scientifico. In ogni caso il vostro impegno è lodevole.

  4. quando l’apprezzamento (e la critica) arriva da una persona che stimiamo molto vale doppio, quindi grazie! Hai ragione Maurizio, infatti i primissimo dati che abbiamo da questa “strana” vendemmia 2012 cambiano ancora una volta i risultati; probabbilmente siamo stati troppo frettolosi 🙂 . Stiamo sperimentando su quantità più significative ed anche questa è un’ulteriore variabile da non trascurare!

  5. Personalmente credo non valga la pena rischiare di fare una schifezza acetosa quando il mercato e’ in grado di fornire non-saccaromyces come la toulora o termoresistens che sono i lieviti che danno quel qualcosa in piu’ al vino fermentato al naturale. Oggi riesci a fare fermentazioni controllate con le caratteristiche dei migliori vini spontanei. La hansen e vason offrono tutti questi prodotti di altagamma. Se poi si tratta di vinificare 2hl il rischio e’ giustificato ma non si puo’ proporre ad un azienda un rischio cosi’ alto. Cosa facciamo? Mandiamo a casa operai e addetti perche’ si voleva tentare?

  6. ci sono già azienda di una certa capienza che operano con fermentazioni spontanee, senza avere grossi problemi. Utilizzando poi contenitori con volumi non troppo elevati il rischio viene diluito. La solforosa, anche se poca, assicura un processo fermentativo regolare nel 95% dei casi. Il 5% fa sempre parte del rischio del mestiere, come grandine o altre calamità naturali.
    Lavoriamo solamente per togliere o quantomeno diminuire la quantità di solfiti. Tutto qui.
    Perchè dobbiamo mettere qualcosa che non è autoctono quando vogliamo mantenere la massima integrità ed originalità del nostro prodotto?

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